Introduzione

Ho usato Altra per tanti anni, a conti fatti sono le prime scarpe con cui ho chiuso delle distanze ultra, con Lone Peak 2.0 alla prima Ultrabericus e Superior 2.0 per la prima 100 e lode (come? non sono scarpe da Ultra? ah aspetta che vado a spiegarlo al vecchio me, di sicuro perderà qualche tendine in meno sul percorso).
Fatto sta che il primo amore è scattato al volo: ho un piede largo e la calzata ampia era perfetta per me, anche se ricordo che al tempo era poco precisa e lasciava a desiderare in tante situazioni.
Nel corso degli anni ho continuato a correre con diversi modelli di Altra, ma mi ha sempre accompagnato la sensazione sul trail non riuscissi più a trovarmi a mio agio per via di tomaie sempre poco supportive e forme poco precise.
Poi ho calzato Mont Blanc (la prima versione, senza BOA) la scorsa primavera, e ho trovato diversi miglioramenti rispetto a scarpe delle passate generazioni: il fit mi ha subito conquistato, il materiale della tomaia è elasticizzato bene: sa rispettare la forma del piede ma è così stretch da rimanere aderente, lasciando quel filo di spazio in più giusto sulla cima del toe box in maniera che le dita possano fare il loro naturale movimento. Il collo del piede altrettanto sicuro, forse anche troppo stretto all’inizio: in linea con il fine materiale della tomaia. Manca un po’ quella sensazione di ‘sostegno’ che si sente in altre scarpe da Trail di altri marchi, ma in generale la tomaia funziona.
That’s all folks!
Ah no, c’è da parlare dell’elefante nella stanza: la talloniera. Fondamentalmente non c’è, è inconsistente e poco avvolgente sulla caviglia, lasciando poco protetto un comparto fondamentale del piede e togliendo parecchia sicurezza sui terreni dove si cerca passo fermo e grande stabilità: una pecca che, speriamo, verrà sistemata sulle prossime edizioni della scarpa perchè al momento toglie un po’ di magia.
Purtroppo, tra talloniera poco lavorata e forma ‘spaziosa’ dell’avampiede, ho avuto sempre diverse difficoltà nell’ottenere un blocco del piede e anche per il mio tallone c’era ben poco a cui aggrapparsi per rimanere ‘in posizione’ col risultato di scivolare spesso.
Nel momento in cui i designer del mio corpo hanno deciso di quanta sensibilità avessi bisogno, credo si siano distratti e hanno impostato il limite al massimo.
Questo vuol dire che per ogni sasso (anche minuscolo) che sento nelle scarpe mi devo fermare per toglierlo, per ogni cucitura posizionata in maniera sconsiderata finisco per abbandonare attrezzatura anche valida, per ogni pezzo di termoplastico applicato più guardando al design di una scarpa che alla sua funzionalità il mio piede si ribella e si rifiuta di usare il prodotto.
Sono quello che la gente definirebbe una persona difficile, ossessionata e fissata su dettagli di poco conto.
Uno dei leitmotiv di quando si compravano le scarpe nuove era usale prima per camminare, cosi le smolli e ti abitui. Non so se esiste ancora qualcuno al mondo a fare una cosa del genere, ma io l’ho sempre fatto.
Tranne quando ho provato le Mont Blanc per la prima volta: le ho tirate fuori dalla scatola, le ho messe ai piedi, allacciate e sono uscito a correrci 30km. Una totale anomalia che per quanto mi riguarda descrive alla perfezione l’esperienza della calzata di Mont Blanc.
La struttura della scarpa è tanto banale quanto sensata: una linea trasversale divide in due sezioni la tomaia: sul fronte la sensazione è quella di calzare un ulteriore paio di calze, sul retro il materiale diventa rigido per supportare il piede.
Una struttura già usata (e apprezzata) su Olympus 5, ma qui portata all’estremo nell’utilizzo dei materiali in modo da creare un prodotto che vive in equilibrio tra comodità e stabilità.
Mont Blanc è un evidente “prima versione” (a voler esagerare potrebbe essere quasi considerata un concept ancora da esplorare) e come tale si porta dietro scelte che fanno inevitabilmente discutere.
Puntale e tallone sono probabilmente il più grande terreno di scontro: il primo segue il concetto minimale del resto della scarpa, e se questo vuol dire comodità e meno rischio di traumi in discesa (qualcuno ha detto unghie nere?), dall’altro lato offre forse poca protezione su terreni tecnici e sconnessi.
Il tallone è un campionato a parte: l’intuizione dei designer è quella di tagliare quanto piu’ peso possibile dal retro della scarpa inserendo un cuscinetto a sostegno del tallone d’achille (un concept ripreso poi anche dalle nuove Naked), ma questa cosa va a scapito della stabilità generale soprattutto quando l’utilizzatore (come il sottoscritto) ha il piede magro.
Introduzione

Sizing

Non ho avuto problemi di taglia, il mio solito 43 di Altra si è riconfermato adatto. Se come detto prima la forma è funzionale al mondo Altra, e la tomaia rende giustizia all’orientamento ‘performance’ del prodotto, dei lacci un po’ troppo lisci e una talloniera ballerina toglieranno qualche certezza quando si verrà a cercare la taglia esatta, per cui consiglio di stare sulle solite misurazioni e di non guadagnare ulteriori taglie anche se il fit è aderente: lo spazio guadagnato potrebbe non venir compensato adeguatamente da lacci e tomaia.
Ho avuto la fortuna di provare sia Mont Blanc che Mont Blanc BOA, e se con il primo modello ho testato il mio numero (44.5 EU/10.5 US), nel tentativo di avere piu’ stabilità sul posteriore ho richiesto e testato un mezzo numero in meno per il modello con BOA (sapendo che la tomaia, vista la sua flessibilità, mi avrebbe perdonato per quel poco spazio in meno).
Mont Blanc BOA offre una precisione di fit totale in qualsiasi situazione e questa cosa mi è stata anche utile nell’avere più stabilità in generale.
Sizing

Ride

In corsa la scarpa è pulita e slanciata, cosa non banale per una massimalista. Ammetto che quei 30mm di stacco sotto il piede non si sentono troppo e la rullata è molto filante in corsa, specie sui terreni più consoni per il suo utilizzo: corribili, battuti e scorrevoli.
In ogni corsa che ci ho fatto mi ha accompagnato la sensazione di non riuscire mai a correrci davvero rilassato, ma che fossi obbligato a metterci sempre un po’ di focus e a dover andare ad un’andatura appena sopra al ritmo ‘facile’, credo che questo dipenda soprattutto dall’assenza di sicurezza da parte della talloniera, che obbliga (nel mio caso) ad una corsa attiva e dinamica per non cedere troppo sul posteriore (dove non sentivo grande supporto).
L’altro protagonista di questa sensazione di corsa fluida è l’EgoMax, il dinamico materiale dell’intersuola, pensato per restituire tanta energia in poco peso, e tutto sommato in uno stack accettabile e non troppo alto.
Probabilmente la perla di tutta la scarpa è proprio questa intersuola: great job Altra.
Mont Blanc è secondo me una scarpa che si adatta benissimo a collinari non eccessivamente tecnici e a strade bianche e lunghe distanze anche grazie alla fantastica intersuola unita alla totale comodità della tomaia.
Visto sotto questo punto di vista la suola in litebase potrebbe essere anche un po’ overkill, ma sappiamo bene che il collinare a volte richiede un quid extra per mantenere un appoggio sicuro e veloce.
Per assurdo Mont Blanc corre benissimo anche su asfalto e quindi le transizioni tra sentiero e bitume non presentano in alcun modo un problema.
Mi dicessero che devo correre 10km su asfalto, non avrei problemi a farlo e sono sicuro che piedi e gambe ne uscirebbero senza alcun problema.
Altra ha scelto il nome della scarpa in riferimento -ovviamente- al Monte Bianco e nello specifico ai sentieri battuti da UTMB e compagnia. Sono sinceramente convinto che il suo sweet spot sia un altro ma non mi stupirei di sentire gente che corre attorno al Bianco con le Mont Blanc dato che a livello di tecnicità il percorso di UTMB/CCC/OCC non presenta grandi problematiche.
Ride

Paragoni

Faccio fatica a trovare scarpe che si possano paragonare, ma se dovessi spendere qualche nome trovo delle affinità tra la rullata veloce ed elastica di Mont Blanc con quella delle vecchie Speedgoat Evo di Hoka, seppur meno stabile. Entrambe montano intersuole alleggerite e più reattive rispetto ai modelli ‘di serie’ come Altra Olympus 5 e Hoka Speedgoat 5, e la tomaia in matrix delle Speedgoat Evo ricorda per leggerezza ed elasticità quella veramente semplice di Mont Blanc. Inutile dirlo: 5 mm di drop e una talloniera più robusta creano/creavano una sensazione di maggior supporto e una rullata più accomodante, anche se il settore di utilizzo rimaneva quello di un prodotto Performance.
Non ho l’arroganza di dire che ho provato qualsiasi cosa sul mercato ma qualcosa i miei piedi l’hanno vista, e Mont Blanc da questo punto di vista la reputo una delle innovazioni degli ultimi anni.
Laddove suola e intersuola si inseriscono in un trend abbastanza comune per quanto riguarda le scarpe performance di questo periodo, la tomaia è probabilmente l’elemento di spicco che rende la scarpa semplicemente *differente* rispetto alla competizione.
Un po’ come lo erano le prime scarpe in flyknit di Nike o l’uso del mesh jacquard visto su Speedgoat 5.
Paragoni

Terreno ideale

Tutto quello che è corribile: forestali, terreni battuti, sentieri poco tecnici. Il grip si muove bene anche su sasso liscio, ma la stabilità generale della scarpa unita allo spirito correreccio della geometria non me la fa consigliare per terreni difficili. Gara di elezione? probabilmente Tuscany Crossing.
My two cents: sentieroni battuti americani, strade bianche (la toscana è giustamente patria di Altra, mai visto cosi tante scarpe come a Tuscany e Chianti). Ma anche collinari da correre, e sentieri easy di montagna evitando roba troppo nervosa.
Terreno ideale

Colori & post-mortem

Adoro l’arancione spinto della prima versione di Mont Blanc, i colori a venire sono un po’ meno ispirati (inizierete a vederli presto sul vostro feed di Instagram); post mortem? La userei tutti i giorni per urlare al mondo: mi piacciono le scarpe da corsa.
Ad un aperitivo magari sceglierei qualcos’altro.
Le scarpe per me hanno sempre 3 fasi: corsa, passeggio e abbandono.
I colori di Mont Blanc BOA (e diciamola tutta, anche il BOA) rendono complessa la fase di passeggio.
Non è una scarpa che si può vestire *facilmente* in centro a Bassano del Grappa…o forse sono io a non poterlo fare.
Colori & post-mortem

Considerazioni finali

Tanti finalmente per Altra con Mont Blanc: finalmente una bella suola che tiene e convince, finalmente una schiuma sottopiede che grida innovazione e divertimenti rispetto alle piattaforme dei modelli più classici (che sapevano ormai un po’ di ‘scontato’ – almeno per un amante del brand come me), finalmente un concetto gara innovativo che può tenere testa con prodotti di punta di altri brand. Sistemato questo collarino posteriore e magari rivisti i lacci, avremo davvero un prodotto 100% approvato, divertente e più versatile.
Ti aspettiamo, Mont Blanc 2.0.
Leggerezza, comodità e stabilità (il sacro Graal della calzatura).
È evidente il tentativo di Altra di mettersi in gioco e di voler provare a creare una *vera* nuova linea di prodotto.
Non tutto è perfetto in questa prima versione di MB, ma non sarebbe noioso se fosse cosi?
Gli errori lasciano spazio di crescita, ma soprattutto rendono evidente la voglia di rischiare, provare e innovare.
Considerazioni finali

PUNTI DI FORZA
Nessun periodo di adattamento
La tomaia è un guanto
Leggera ai piedi
Precisa nel grip
Intersuola molto comoda sia sul breve che sul lunghissimo
DA MIGLIORARE
Stabilità sul tallone.
Protezione sul puntale.
Nuovi lacci che stiano maggiormente in posizione [MB].
Un occhiello extra in cima alla linguetta per una migliore allacciatura (ma prima pensiamo ai lacci!) [MB].