Buckled: Cosa ha funzionato in gara e cosa no?
Tommaso: Cercherò di non essere prolisso.
Cosa ha funzionato: il cruise control.
Mi rendo conto a qualche giorno di distanza di aver gestito un auto-pacing notevole. Ero così contento di sentirmi fluido e tranquillo per le prime 9-10 ore che non ho mai pensato di poter rallentare.
La gamba c’era tutta.
Aggiungo la nutrizione: che è andata quasi completamente come previsto dall’inizio alla fine seguendo lo ‘schema’ : ho assunto hydrogel alle maltodestine ogni mezz’ora buttando dentro ogni tanto un gel agli amminoacidi (più amminoacidi in pastiglia dopo tot ore).
Nota bene: dopo già 12 ore avrei mangiato quesadillas, cookies e qualsiasi altra cosa a tiro, ma mi sono contenuto per prevenire danni e ‘accontentato’ di qualche pezzo di sandwich jelly&burro d’arachidi.
Cosa non ha funzionato: l’idratazione, ancora insufficiente.
La giornata ha visto temperature tra i 9 e i 27 gradi, niente di critico, ma quando inizi a desiderare di voler pisciare così tanto per avere prova che stai bevendo abbastanza, significa che sei già mezzo fregato. La diarrea per diverse ore a metà giornata ha fatto il resto. Enough said.
Ancora non so se bere 3 borracce di brodo in altrettante ore sia servito a qualcosa.
Buckled: È una gara che consiglieresti a chi si affaccia alla distanza?
Tommaso: Si, si, si.
È una vera ultramaratona per come si presenta e per come l’ho vissuta, per cui se un battezzando della distanza volesse testarsi su una gara di CORSA senza fasciarsi troppo la testa con altitudine, autosufficienza per tratti lunghi (massima distanza tra i ristori 15 km), problemi meteo importanti, questa è una bella scelta.
Bonus tip: in caso di crew disponibile, è facilissimo essere seguiti.
Tutte le Aid Station sono facilmente raggiungibili quindi niente eventuali rimorsi nel mandare la tua crew in cima a qualche montagna solo per darti una pacca sulla spalla e due gels.
Buckled: [ormai domanda classica] Sei stato negli States una settimane: qual è la tua top-3 delle cose che ti porti (metaforicamente) a casa? Possono essere luoghi, persone, cose, cibi, etc
Tommaso: Tough one!
Il tramonto a No Hands Bridge: l’ultima volta che ho visto il sole scomparire dietro Auburn (davanti a me) mentre mi lasciavo dietro il ponte assieme a Francesca. Lì mi sono convinto che avrei finito.
L’umanità delle persone: un tizio locale di Folsom vedendomi zoppicare in una laundry automatica il giorno dopo la gara ci ha regalato del detersivo perché “I’m an ultrarunner too, I get how you’re feeling today“.
Diane, conosciuta appena in qualche scambio di battute l’anno scorso a Sacramento, si è fatta un’intera giornata a supportarmi come crew e ad aiutare Francesca nel seguirmi con tutto il know-how di un’esperienziata ultra runner e ultra-crewer. ‘Precious’ oltre quel che si può immaginare, per entrambi.
E ancora abbiamo avuto due Hosts a Folsom che ci han trattato calorosamente contro qualsiasi aspettativa.
Cibo? BEH.
Pancakes nei diner al mattino. Che fossero buttermilk (burrosi) o buckwheat (di grano saraceno) ci hanno riempito, sempre, di profonda commozione.
Ci sarebbe anche quel waffle salato a mo’ di burger e bacon, ma sono già stato tacciato di ‘fighettata da hipster’ da uno con la Barba che la sa lunga (non sono io. NdAle).
Potete ascoltare il podcast con Tommaso che parla della preparazione a Rio del Lago qui: